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Proverbi agirini

Proverbi - Dissa u proverbiu anticu ca nun sbagghia...

Indice articoli

  

Dissa u proverbiu anticu
ca nun sbagghia...

Proverbi e modi di dire, filastrocche e raziuneddi,
ricordi e quant'altro sa d'antico.
E soprattutto parole, parole che non vogliono essere dimenticate.
Raccolte e trascritte nella parlata agirina da
Salvatore Rocca


Ai miei genitori,
buoni, miti, sorridenti,
che andandosene via insieme,
un autunno insolitamente piovoso e grigio,
mi hanno lasciato nel cuore
una tristezza che non riesco a vincere.


 
Presentazione

I proverbi, si sa, sono la saggezza dei popoli. Fanno parte di quel patrimonio costituito dalla lingua, dalla mentalità, dai riti, dalle usanze, dalle abitudini, ma anche dalle chiese, dai monumenti, dalle piazze, dall'assetto viario, dalla toponomastica, e ancora, dalle tecniche di lavoro, dalle feste, dalla capacità di organizzarsi nel tempo libero, in sintesi da quella che con una sola parola possiamo definire cultura e che gli uomini tramandano ai propri discendenti.
Per secoli i proverbi sono stati probabilmente l'unica scuola per decine di generazioni di nostri antenati: attraverso di essi si tramandavano, appunto, usanze, abitudini, visione del mondo, si veicolavano regole di morale e di comportamento quotidiano, si delineavano, spesso con sottile umorismo, tipologie e caratteri umani, si sancivano norme di vita sociale che finivano per diventare costume; i proverbi praticamente contenevano i consigli più disparati su qualsiasi argomento e per qualsiasi circostanza della vita.
Non solo. I proverbi e le espressioni idiomatiche ci consentono anche di comprendere molti aspetti del carattere e fors'anche della storia stessa, quella minima, non scritta, dei nostri avi: la storia di un popolo mite, costretto spesso alla sottomissione, ma sereno e rassegnato.
Per centinaia d'anni, infatti, i nostri vecchi hanno dovuto curvare la schiena sotto i colpi di un destino non sempre benevolo e sottostare alle angherie di dominatori predoni e rapaci; per centinaia d'anni, incartapecoriti dal sole cocente e prematuramente invecchiati sotto il peso di un lavoro avaro e durissimo, hanno coltivato latifondi interminabili per rendere opulenta la mensa di sempre nuovi padroni.
Eppure è molto difficile trovare nei loro proverbi esplicite parole di ribellione, sentimenti di odio, incitamenti alla vendetta. E tanta rassegnazione, a mio giudizio, non può essere giustificata soltanto dalla miseria, dall'ignoranza dei tempi o dalla paura, ma doveva avere necessariamente radici ben più profonde nell'indole, geneticamente mite azzarderei, degli Agirini.
Attraverso i proverbi e i modi di dire, riusciamo a scoprire il volto più autentico dei nostri antenati e a comprendere, forse, le ragioni di molti nostri modi di essere e della nostra stessa identità di popolo, con peculiarità comportamentali che ben ci connotano e spessissimo ci differenziano dagli abitanti dei paesi vicini. 
Io penso che questo patrimonio vada salvato.
Per questo, anche con l'aiuto preziosissimo di molti amici, che qui colgo l'occasione per ringraziare, anche se lo farò più diffusamente nelle pagine conclusive di questo libro, ho intrapreso il non facile lavoro di raccogliere, catalogare e trascrivere nella nostra parlata agirina sia i proverbi appunto, che i modi di dire, le locuzioni idiomatiche, le filastrocche infantili, e i raziuneddi, che miracolosamente sono riuscito a raccogliere, scavando tra i ricordi dell'incerta memoria di tanti anziani.
Non è un lavoro dotto il mio. E chiedo scusa sin d'ora a coloro, tantissimi presumo, studiosi e cultori di lingua e memorie patrie, che arricceranno il naso per qualche personale, forse arbitraria, interpretazione lessicale, e ancor più per gli innumerevoli svarioni ortografici. Ma chi non vorrà bonariamente perdonare a uno che, privo di studi sistematici sulla lingua siciliana, ha voluto tuttavia, caparbiamente, fare lo stesso opera di raccolta e di catalogazione, alla buona, di un così vasto patrimonio?
Questa raccolta ha, infatti, soprattutto l'intento di aiutare qualcuno a ripercorrere le silenziose vie della memoria, alla ricerca di quel nostalgico sapore di tempo perduto, che l'assordante trambusto della nostra civiltà non ci aiuta a ritrovare.
Per mezzo di essa ho voluto rendere omaggio ad Agira, paese del cuore, un paese come probabilmente non è mai stato, se non nelle amorevoli bugie dei miei ricordi, nell'accorata dolcezza delle mie nostalgie, nell'impotenza dolente dei miei rimpianti.
Con una dedica ai giovani, che di questo popolo mite, e una volta alieno dalla violenza, sono gli eredi.  Semmai avranno ancora la voglia e l'interesse di soffermarsi a sfogliare le pagine di un libro.


Agira, Natale 1996
Salvatore Rocca

Pubblicato in Pubblicazioni

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