Agira.org: il portale di Agira


Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione di terze parti per le sue funzionalità e per inviarti pubblicità e servizi in linea con le tue preferenze.

Se continui la navigazione o chiudi questo banner, acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie accedi all'informativa estesa. Per saperne di piu'

Approvo
  • Home
  • Storia di Agira
  • L'Abbazia di San Filippo

L'Abbazia di San Filippo

L'ABBAZIA DI SAN FILIPPO SANTA MARIA LATINA DI AGIRA

Abbazia S. Filippo Santa Maria Latina, Prospetto (1916-1928)
 Prospetto
(1916-1928)

La chiesa dell’abbazia di San Filippo sorge sui resti di quella dell’antico monastero greco fondato secondo la regola basiliana fuori dall’abitato ai piedi del monte di Agira tra VII e VIII secolo e dedicato a Filippo santo di provenienza orientale (forse siriaca) e di cultura bizantina, presbitero aopostolico, persecutore di demoni e taumaturgo secondo la tradizione agiografica costituita dalla Vita eusebiana (redatta nella prima metà del X secolo o poco prima) e dalla Vita pseudo atanasiana (scritta tra XIII e XIV secolo).

Il monastero è nel IX e X secolo, durante la dominazione araba, polo di attrazione del monachesimo siciliano e approdo di una ampia schiera di monaci e santi tra i quali san Luca Casali di Nicosia, san Leo Luca di Corleone, san Cristoforo da Collesano e i figli san Saba e san Macario, san Vitale da Castronovo e san Lorenzo da Frazzanò, in seguito fondatori di cenobi in Calabria.

Cateva - sepolcro di san Filippo (XVI sec.)
Cateva - sepolcro di san Filippo (XVI sec.)

La chiara fama del monastero di San Filippo richiama l’attenzione del Gran Conte Ruggero I d’Altavilla che nell’ambito del progetto normanno di rilatinizzazione dell’Italia meridionale, ne restaura tra il 1095 e il 1101 le cadenti strutture e lo affida ai padri benedettini rendendolo suffraganeo della prima istituzione di rito latino a Gerusalemme, la rinomata abbazia benedettina di Santa Maria Latina.

Diploma Guglielmo II (1168)
Diploma Guglielmo II (1168)

Dopo il crollo di San Giovanni d’Acri, l’abate della Latina ha sede permanente nell’abbazia di San Filippo che diviene la casa madre ereditandone nome, titoli e privilegi, e amministrando i diversi possedimenti concessi da imperatori, pontefici, re, cardinali, vescovi, conti, cavalieri e privati in Occidente come i tanti priorati in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana e perfino in Sassonia.  In una pergamena del 1273 la fusione dei due monasteri appare oramai totale, infatti,  il re Carlo d’Angiò chiama il monastero agirino San Filippo di Latina e nel 1363 papa Urbano V lo indica come monasterium sancti Philippi de Argirione, alias sancte Marie Latine in Jerusalem nuncupatum.

La gloriosa età normanno-sveva consegna all’epoca dei Martini e di Alfonso d’Aragona una abbazia di regio patronato, autonoma rispetto al vescovo diocesano, dotata di ampi privilegi e beni patrimoniali. Gli abati di Santa Maria Maria Latina seu San Filippo godevano di diritti e privilegi.

Eppure dal Trecento in poi l’abbazia di San Filippo seu Santa Maria Latina non ebbe quella centralità e quella egemonia incontrastata di cui aveva sinora goduto: adesso era componente di un quadro istituzionale molto più ricco e articolato soprattutto a livello locale e regionale. Ma ancora buona parte del Quattrocento e della prima metà del ‘500 costituiranno per l’abbazia una stagione d’oro sotto la guida di membri di importanti famiglie del patriziato siciliano. Dal 1429 al 1485 la carica di abate venne retta da esponenti di Casa Paternò della città di Catania (Jaime, Bernardino e ancora Jaime) e successivamente sino al 1545 dagli Aiutamicristo di Palermo. Fu un periodo di ‘rinascimento’ culturale, artistico ed economico e di rafforzamento di diritti e delle prerogative.

Visita regia (1604)
Visita regia (1604)

Alla fine del XV secolo si apriva una una nuova lunghissima stagione per la Latina di Agira con la sua riduzione a commenda. I secoli dell’età moderna infatti vedranno l’abbazia sotto il governo di abbati commendatari di origine spagnola o provenienti dalla grande nobiltà romana e siciliana L’istituto della commenda, forse sintomo/effetto di una lunga fase di crisi costituì a metà Cinquecento un ulteriore fattore di decadenza e disordine per il disinteresse/lontananza degli abati (verso cui era deviata gran parte della ricchezza economica del monastero) alla cura spirituale dell’abbazia. Nel Cinquecento le relazioni dei visitatori regi, pur sottolineando la magna devotione et veneratione a san Filippo patrono di Agira la cui fama di santità fa confluire nella città e nel celeberrum templum un gran numero di fedeli da tutta la Sicilia sottolinenano la deviazione della regola benedettina, la rilassatezza nella dosciplina, l’immoralità nei costumi, il disagio economico, il degrado materiale della fabbrica e del patrimonio, e impartiscono vigorosi ordini circa l’austerità dei costumi, il buon governo della chiesa e la tenuta della suppellettile liturgica. Nonostante le disposizioni regie sembra che la regola benedettina venisse disattesa. Nel 1590 fu tentata dalla comunità monastica la via dell’unione alla congregazione Cassinese, richiesta non ben vista dal potere regio e dal ceto dirigente locale poiché avrebbe certo diminuito il loro controllo sull’abbazia. Così nel 1632 l’abate commendatario il cardinale Scipione Borghese dietro concessione regia e pontificia sostituisce i padri benedettini con preti secolari. E nel 1689 l’abate Carlo Colonna costituisce con provvista il clero secolare in comunità collegiale.

L’affidamento in commenda a esponenti della famiglia Colonna da Egidio (1668-1686) a Carlo (1687-1732) e al successore Girolamo ( 1733-1762) inserisce la Reale Badia di San Filippo in una realtà culturale e religiosa di ampio respiro che si esprime nella intensa e variegata committenza artistica che caratterizzerà la vita dell’abbazia per tutto il Settecento e che continuerà durante la reggenza dell’abate Giuseppe Maria Gravina dei principi di Ramacca (1763-1812). La morte dell’ultimo abate nel 1862 preluderà alle leggi soppressive postunitarie che avvieranno l’ultima e attuale pagina di storia dell’abbazia di San Filippo di Agira seu Santa Maria Latina che nel 1924 otterrà il titolo di parrocchia.

***

La attuale facciata della chiesa, realizzata tra il 1916 e il 1928 su progetto di G. Greco in sostituzione di quella di fine Settecento crollata nel 1911, è dalle forme lineari e decorata con una serie di nicchie che ospitano statue di santi: la grande nicchia con san Filippo che sconfigge il demonio sovrasta sei nicchie con le statue dei protettori delle altre sei parrocchie di Agira. Nel medaglione sopra la porta principale è raffigurata Santa Maria Latina e sopra le altre due porte vi sono le effigi di san Filippo diacono e san Eusebio.

Abbazia S. Filippo Santa Maria Latina, Interno
Interno
Crocifisso (Umile Pontorno di Petralia, secondo quarto del XVII sec.)
Crocifisso ligneo (Umile Pontorno di Petralia, XVII sec.)
Coro, particolare (N. Bagnasco, 1818-1822)
Coro, particolare (N. Bagnasco, 1818-1822)

La struttura interna è a pianta basilicale a tre navate con colonne rivestite di marmo rosso, la volta a botte della navata centrale presenta delle eleganti e morbide decorazioni di stile impero. E’ il risultato della ricostruzione di fine ‘700 voluta dall’abate G. Gravina.

A tre quarti della lunghezza della chiesa si accede tramite gradini al presbiterio ove sono l’altare maggiore, il coro e il crocifisso lignei. Il coro di forma semicircolare realizzato da Nicolò Bagnasco (tra il 1818 e il 1822) è composto da 25 stalli che rappresentano gli eventi più significativi della vita di san Filippo. L’altare in marmo degli anni ’60 del Novecento sostituisce quello in legno scolpito e decorato in oro zecchino da Antonio Pellegrino nel 1784. Sopra l’altare è un crocifisso di frate Umile Pontorno di Petralia (secondo quarto del secolo XVII) proveniente dal convento di Santa Maria di Gesù.

Nell’ampia sala della sacrestia si trova un grande armadio di noce opera di Paolo Gugliermaggi di Enna (1735). Le sue pareti sono adornate dai ritratti di sovrani, abati e priori.

Cateva - sepolcro di san Filippo (XVI sec.)
Cateva - sepolcro di san Filippo (XVI sec.)
Testa e mani di san Filippo (P. Juvarra, 1652)
Testa e mani di san Filippo (P. Juvarra, 1652)

Nella cripta (cateva) la tradizione indica il luogo del sepolcro di san Filippo dove nel 1596, secondo la testimonianza  di fra Benedetto Fedele (1647), furono ritrovate le sue spoglie insieme a quelle di san Eusebio, san Filippo diacono e san Luca Casali, conservate poi nell’arca argentea delle reliquie costruita nel primo decennio del Seicento, secolo nel quale viene anche realizzato dall’artista messinese Pietro Juvarra (1652) il busto anch’esso d’argento di san Filippo. Sempre nella cateva è una statua in marmo bianco raffigurante il santo giacente, probabile opera dello scultore Francesco Mendola (fine secolo XVI), allievo di Antonello Gagini. A quest’ultimo G. Di Marzo attribuisce l’altorilievo in marmo che riproduce l’immagine di san Filippo sormontata da cherubini.

Delle cappelle e degli altari preeistenti si apprezzano oggi sulle navate laterali le molte e importanti tele loro intitolate.

Polittico (G. Di Pietro, seconda metà XV secolo) Stemma Abbazia (seconda metà del XV sec.)
Polittico e stemma Abbazia, particolare
(G. Di Pietro, seconda metà XV secolo)

Sulla navata sinistra si può ammirare quanto resta di un polittico della seconda metà del XV secolo. Nei tre pannelli superstiti sono raffigurati la Madonna con il Bambino tra san Benedetto e san Calogero. Sotto il manto della Vergine vi sono due stemmi: quello dell’abbazia (con la croce avente in basso all’asta destra un’estensione da leggersi come L di Latina) e quello della famiglia Paternò. Quest’ultimo stemma insieme all’effige di monaco genuflesso ai piedi della Madonna con abiti e insegne vescovili – mitra e bacolo - è esplicito riferimento al committente dell’opera Jaime Paternò abate dal 1445 al 1485. E’ attribuita a Giovanni di Pietro.

Natività (Maestro del Polittico di Castelbuono, secondo decennio del XVI sec.) Adorazione dei Magi (Maestro del Polittico di Castelbuono, secondo decennio del XVI sec.)
Natività e Adorazione dei Magi (Maestro del Polittico di Castelbuono, secondo decennio del XVI sec.)

Sempre sulla navata sinistra si trovano due tavole una Natività e una Adorazione dei Magi del secondo decennio circa del XVI secolo attribuite a un autore anonimo indicato come Maestro del Polittico di Castelbuono.

Sei pregiate tele che rivestono le navate minori, destra e sinistra, furono realizzate dietro committenza dell’abate Girolamo Colonna, dei canonici e del priore dell’abbazia dal pittore catanese Olivio Sozzi (1690-1765) e dal pittore di Nicosia Filippo Randazzo (1695-1748).

Nel 1746 il tesoriere dell’abbazia paga a Filippo Randazzo onze trentacinque e ventisei tarì per l’esecuzione di quattro tele: la Madonna del Rosario fra i santi Gaetano, Domenico e Caterina, la Madonna di Monserrato, il ritratto del conte Ruggero e il ritratto dell’abate Girolamo Colonna.

I ritratti eseguiti da Filippo Randazzo sono oggi collocati in sacrestia. Il dipinto che raffigura il Gran conte Ruggero I si segnala al di là della sua valenza artistica per i suoi significati politici e religiosi. Il conte normanno ricoperto da una rilucente armatura, avvolto in un mantello svolazzante di colore rosso, regge nella mano sinistra il vessillo con l’effige della Vergine e del Bambino, attorno a lui si apre la campagna e sullo sfondo il crinale di un monte sul quale svetta il castello di Agira mentre in basso a sinistra rifulge lo stemma araldico degli Altavilla. La tela richiama con forza la tradizione secondo la quale Ruggero I, rifondò l’antico monastero di San Filippo e lo dotò di beni e privilegi e nello stesso tempo ribadisce la volontà del commitente Girolamo Colonna a proseguirne l’opera e a tutelare la sede monastica in un contesto storico di aspro dibattito tra papato e monarchia in materia ecclesiastica e giurisdizionale.

Madonna del Rosario fra i santi Gaetano, Domenico e Caterina (F. Randazzo, 1745-1746) Madonna di Monserrato (F. Randazzo, 1745-1746) Gran conte Ruggero, ritratto  (F. Randazzo, 1745-1746) Girolamo Colonna, ritratto  (F. Randazzo, 1745-1746)
Madonna del Rosario - Madonna di Monserrato - Gran conte Ruggero, ritratto - Girolamo Colonna, ritratto (F. Randazzo, 1745-1746)

E nel 1759 vengono consegnate a Olivio Sozzi onze settanta e tarì 25 per la fattura di quattro quadroni: la Madonna con il Bambino tra san Benedetto e san Basilio, sant’Agata in gloria, il SS. mo Crocifisso con la Vergine addolorata e la Maddalena penitente e la Sacra Famiglia.

Madonna con il Bambino tra san Benedetto e san Basilio (O. Sozzi 1759) Sant’Agata in gloria (O. Sozzi 1759) SS. mo Crocifisso con la Vergine addolorata e la Maddalena penitente (O. Sozzi 1759) Sacra Famiglia (O. Sozzi 1759)
Madonna con il Bambino tra san Benedetto e san Basilio, sant’Agata in gloria, SS. mo Crocifisso con la Vergine addolorata e la Maddalena penitente, la Sacra Famiglia (O. Sozzi 1759)

Nell’Abbazia si conservano un Tabulario che raccoglie documentazione su pergamena dall’XI al XVI secolo (ca 400 pergg.) e l’Archivio storico, di recente ordinato, costituito da 711 volumi dal XV al XX secolo.

© Testo Rita Loredana Foti e Salvatore Longo Minnolo

© Fotografie Nino Scardilli, Renzo Biondi, Carmelo Giammona, Valerio Pelleriti

Pubblicato in Sintesi storiche

Stampa Email

Non sei abilitato a scrivere commenti