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La storia di Agira tra Sette e Novecento negli scritti di
Bonaventura Attardi e Giovanni Pietro Sinopoli di Giunta

Premessa

Tutte le comunità, piccole o grandi, sentono il bisogno di fare storia, di elaborare una narrazione onorevole del proprio passato. Che il modello del racconto sia quello lucido ed empirico di Tucidide o quello più creativo, lirico ed epico di Erodoto esso tende a trasformarsi in tradizione memoriale nella quale l'intera comunità via via si identifica a tal punto da dimenticare che ogni storia abita e riflette un mondo culturale assolutamente specifico e singolare. Da questa riflessione nasce il nostro interesse per i due principali esponenti della scrittura storica su Agira tra Sette e Novecento: Bonaventura Attardi e Giovanni Pietro Sinopoli Di Giunta. Le loro storie sono divenute sentire comune. Per questo pensiamo sia necessario fare i conti con il loro modo di pensare il passato, di fare storia. Un buon punto di partenza e una possibile chiave di lettura è la ricostruzione delle loro biografie e la rilettura diretta delle loro opere. Quello che si propone è un gioco di rimandi, incroci e innesti tra le vite e gli scritti di questi letterati, entrambe e vicendevolmente specchi dei tempi e trame della storia.

Le ragioni della pubblicazione

Agyrium (1929-1933) di G. P. SinopoliG. P. Sinopoli, Agyrium (192?-1933)

Dell'agostianiano padre Bonaventura Attardi (1683-1760) e del sacerdote Giovanni Pietro Sinopoli di Giunta (1871-1940), ecclesiastici, letterati ed eruditi siciliani, scrittori di antiquaria, storia sacra e storia patria, sappiamo ancora molto poco. Soprattutto a fronte della lunga frequentazione che hanno avuto sino a oggi i loro scritti sulla storia di Agira tanto da divenirne la narrazione canonica.
L'opera di G. Pietro Sinopoli dal titolo Agyrium alla cui stesura egli si dedicò a lungo almeno dal primo decennio del Novecento, redigendo più versioni e che, certamente per la volontà dell'autore di continuare a integrare e correggere il testo, non vide mai la luce rimanendo dattiloscritta e in poche copie; è stata la più usata e abusata storia della città di Agira.

Allo stesso modo, ma per motivi diversi, si può sostenere della Storia dell'Integra città di Aggira di Bonaventura Attardi edita a Palermo nel 1742.

Storia dell'Integra città di San Filippo d'Aggira di B. Attardi (1742) frontespizio Storia dell'Integra città di San Filippo d'Aggira di B. Attardi (1742) frontespizio B. Attardi, Storia dell'Integra città di San Filippo d'Aggira (1742)

Occorre sottolineare che, nella maggior parte dei casi, non ne possediamo una lettura diretta ma, come dire di seconda mano, attraverso chi li ha utilizzati come fonte dei propri lavori. In alcuni casi i contenuti sono stati acriticamente tratti e manipolati senza badare al contesto di produzione del libro (epoca, finalità, fonti documentarie utilizzate, categorie storiografiche e interpretative ecc.). In generale poi ogni pratica di "traduzione" modifica il testo originario e lo rende, come dire, opaco. Come è facile comprendere ciò non contribuisce in alcun modo a conoscere e valorizzare in sé questi scritti che meritano altresì un approccio che non li mortifichi a mero deposito di notizie, quasi una biblioteca storica di diodorea memoria, da divulgare e replicare rendendo banali e oscurando paesaggi storici che non lo erano affatto. E d'altra parte questo approccio non apporta significativi contributi ad una rigorosa e accurata ricostruzione del passato di Agira.
Pertanto in modo esplicito la prima ragione che sta alla base della pubblicazione in formato digitale delle due opere è quella di offrire a un pubblico più vasto, in mancanza di una ristampa,  la lettura diretta senza mediazioni di sorta.
La seconda motivazione strettamente collegata è attinente all'accesso e alla libera fruizione delle stesse, tanto più che ciò presenta non poche difficoltà. Infatti se la consultazione del libro di Bonaventura Attardi è possibile in moltissime biblioteche italiane, il dattiloscritto di Sinopoli Agyrium è conservato soltanto alla Biblioteca Comunale di Agira, luogo dove lo studio di entrambe nella versione originale.
In terzo luogo si intende tratteggiare delle short biography ovvero dei Cenni biografici di entrambi gli autori, considerando che permane un vuoto di conoscenza al riguardo, riferendoli al contesto storico di provenienza e proponendoli come utili chiavi di lettura dei loro scritti.
In ultimo, ma non per ultimo, si è voluto rendere riconoscimento a due storici che tra Sette e inizi Novecento, secondo i canoni culturali delle loro rispettive epoche, con differenze di stile e di contenuti, hanno avuto l'ambizione di raccontare una storia di Agira lungo coordinate temporali ampie cioè dall'antichità ai loro tempi.
Tuttavia non vogliamo eludere alcune domande. Oggi a distanza di tempo si può e si deve tentare una valutazione dei loro scritti e considerarli nel peso reale che hanno avuto nel contesto dei loro tempi.  A quali posizioni teoriche e metodi storiografici si possono riferire? A quale scrittura della storia? Che tipo di ricostruzione delle vicende del passato propongono Bonaventura Attardi e Giovanni Pietro Sinopoli? Perchè in generale è ovvio che gli eventi storici non sono dotati di autoevidenza esplicativa. E' lo storico a selezionarli e organizzarli in sequenza, in racconto, a farne oggetto di storia. E le domande storiche non hanno mai per definizione una risposta univoca ma corrispondono appunto a diverse possibili ricostruzioni, a differenti possibili percorsi. Molto dipende anche dal rapporto tra il narratore-scrittore e il suo pubblico. Se questa relazione si rompe o se il testo si rivolge a un nuovo pubblico il criterio di scientificità e di storicità muta e a volte si perde. Sono questioni di molta importanza sinora non poste nei confronti di questi scritti. Tuttavia non si intende approfondire e studiare a fondo la produzione letteraria di Attardi e Sinopoli che rimandiamo ad altra sede e non c'è solo un modo di leggere questi testi, ce ne sono parecchi. Qui, ma solo a titolo di esempio, facciamo alcuni richiami.

Va infatti notato come sia gli interessi, sia il linguaggio, sia il metodo della storiografia cristiana, o meglio di una certa storiografia di matrice ecclesiastica, trovano riscontro nei loro scritti e in particolare nello loro storie di Agira. Per Attardi e per Sinopoli la storia è historia salutis, storia della salvezza, una concezione per definizione cristiana che abbraccia anche il contenuto e i valori della storia pagana (greco-romana). In tale schema la storia avanti Cristo è pensata come prefigurazione di quella dopo Cristo e questa come inveramento di quella.

Storia dell'integra città di San Filippo d'Aggira di B. Attardi (1742) BranoB. Attardi, Storia dell'Integra città di San Filippo d'Aggira (1742)

Bonaventura Attardi scrive nel pieno della scoperta dell'antiquaria ma anche nell'età, segnata sia dalla proposta dell'abate modenese Ludovico Antonio Muratori di una "regolata devozione" sia dall'impatto della scienza filologica e documentaria dei Bollandisti e del Mabbillon sullo schema biblico e provvidenziale della storia ma, a differenza di Muratori non separerà mai verità della fede e verità della storia. Così come polemizzerà con il riformismo di alcuni esponenti dell'accademia palermitana del Buon Gusto allo stesso modo, sulla scorta di altri ecclesiastici siciliani soprattutto gesuiti, si scaglierà contro il processo di secolarizzazione delle forme religiose disputando in suo opuscolo proprio con il Muratori intorno il cosidetto voto sanguinario, formula devozionale relativa al culto dell'Immacolata Concezione. Così la sua Storia dell'Integra città di Aggira è una storia antica e sacra regolata, come egli stesso affermava in un precedente scritto non solo da Scritture autentiche ma dalla Tradizione la quale non va rigettatta da una critica smoderata alla rinfusa e senza discernimento.

Con un'impostazione per niente riformatrice ma conservativa e muovendosi nel solco segnato da testi come quello del canonico della Chiesa metropolitana di Palermo Antonio Mongitore, Bonaventura Attardi innesta nel dibattito che si scatena nell'isola sulla specificità della Chiesa siciliana sancita dalle sue nobili origini apostoliche attribuite ai santi Pietro e Paolo e nel correlato tema della supremazia e importanza delle varie chiese cittadine, la sua Storia dell'Integra città di Aggira. In tal senso è significativo questo brano che è uno dei punti di forza dell'intera opera:

Siccome la nostra Patria fu tra le prime Città della nostra Sicilia, in adorare li falsi Numi di Ercole, di Gereone, di Jolao e di Prosperpina; così parimente fu tra le prime ad abbracciare la vera Fede e adorare nei suoi tempi il vero Dio e se ebbe la disgrazia di essere tra le prime Città del nostro Regno Idolatra; ebbe la sorte di essere tra le prime Fedele. [...] E chi fu che tolse nella nostra Patria le idolatre superstzioni de' nostri Antichi, altro che S. Filippo [...]?.

E così il glorioso protettore Filippo, ministro apostolico, fu spedito da San Pietro in Sicilia al pari di altri discepoli come San Marciano, San Pancrazio e San Birillo per iniziare la predicazione evangelica, insomma  «per convertirla, per questo S. Pietro consegnò pria di partire da Roma al nostro Santo il Tomo o il Libro de' Vangeli per liberarla e per convertirla con predicare la vera fede».

Esaltazione e identificazione del santo e della città e dunque nobilitazione di quest'ultima (e delle sue élites dirigenti) e legame diretto della Sicilia e nello specifico di Agira con la cattedra di Pietro sono aspetti strettamente intrecciati in Attardi che adatta e declina localmente i temi di gran parte della produzione storiografica cittadina e cioè l'intreccio fitto e inestricabile tra la patria dei santi, la fondazione delle chiese e i privilegi delle città. Questo schema di storia urbana è riconducibile a un unico modello i cui caratteri erano: la questione delle origini delle città con attenzione alla storia greco-romana e dunque all'antiquaria; il tema della fedeltà alla monarchia spagnola nell'ambito del rapporto di natura pattizia che legava le città regie/demaniali (come Agira) e le loro nobiltà al sovrano; il forte peso dell'agiografia. La fondazione eroica della città, il suo santo protettore, il ritrovamento miracoloso del suo corpo, la costellazione di chiese ed edifici sacri, di uomini e donne morti in odor di santità. L'agiografia, i culti e le devozioni si rivelano uno strumento utile a saldare la memoria aristocratica e la memoria cittadina. Ogni città è antica, sacra e nobile dunque. E' un sistema di segni che antiquari, eruditi e poligrafi inviano all'esterno in una contesa municipalistica di lunga durata che attraversa tutta la storiografia locale siciliana tra Cinque e Settecento.

 

Sigillo cartaceo Integra Civitas Sancri Philippi Argyre (Archivio di Stato di Palermo Arch. Amato De Spucches vol. 811) Sigillo cartaceo, Integra Civitas Sancti Philippi Argyre (Archivio di Stato di Palermo, Amato De Spucches, vol. 811)
Lo Stemma e il gonfalone della città di Agira in La Siciliana (12 luglio 1930) G. P. Sinopoli, Lo Stemma e il gonfalone del Comune di Agira, in La Siciliana (12 luglio 1930)
G. P. Sinopoli, note autografe sullo stemma di Agira (1930)G. P. Sinopoli, note autografe sullo stemma di Agira (1930)

Similmente, con le dovute differenze (siamo tra la fine dell'Ottocento e il trentennio del secolo successivo) si può dire per Giovanni Pietro Sinopoli. Lo storico, egli scrive in Agyrium citando in modo anacronistico il concittadino Diodoro Siculo è ministro della Divina Provvidenza. E così le origini, la fondazione e tutte le vicende storiche di Agira si saldano a ogni passo con la religione rileggendo e inquadrando le età pagane o le epoche contemporanee ritenute atee dentro questo quadro. Laddove era il tempio di Ercole si fondò il tempio di San Filippo. Emblema di innesto tra sacro e mondano, tra municipalismo e religione è lo stemma di Agira. Quale è il vero stemma di Agira? Così si chiede Sinopoli incaricato negli anni trenta del Novecento, in piena retorica fascista nazional-popolare (appena un anno dopo il Concordato tra Stato e Chiesa) dal podestà di Agira cav. Luigi Scavone, di accertare quale fosse il vero stemma per riprodurlo nel gonfalone municipale. Quello «riproducente la figura di Ercole uccisore dell'Idra Lernea, copiato da una delle antiche monete di Agira ed imposto al Comune, senza alcuna autorizzazione degli amministratori quasi tutti massoni di una quarantina di anni addietro (1882)»? O quello «portante un'aquila biteste imperiale con la doppia corona ornata del Toson d'oro con nel petto l'immagine di San Filippo patrono della città», come dalla metà del Cinquecento sino al periodo postunitario si era praticato? E' naturale per il nostro polemizzare con i governi postrisorgimentali e postunitari e riproporre la lettura demanialista della città regia - Urbs Integra - che porta il nome e l'effige di un santo. Si badi bene che nel far ciò Sinopoli non fa altro che ristabilire, dopo la pausa a suo dire massonica, lo stemma antico della città di Agira (tranne per l'onorificenza del Toson d'oro). Ma è interessante dal nostro punto di vista notare e sottolineare il tono denso di riferimenti ideologici e simbolici del dibattito politico dell'epoca al quale Sinopoli partecipa pienamente. Inoltre se con Attardi siamo di fronte all'invenzione di un passato cristiano che accrediti l'idea dell'origine apostolica di Agira e della sua importanza nella storia del cristianesimo primitivo vittorioso sulla mitologia pagana con Sinopoli siamo di fronte al tentativo restaurare e rinvigorire, di fronte alla marea montante della secolarizzazione, la memoria di questo passato storico e spirituale all'interno del quale San Filippo è parte indissolubile e immemorabile dell'identità civica di Agira.

Per concludere questa lunga premessa va detto per inciso che dal Settecento a oggi la storia come disciplina ha più volte modificato i suoi statuti, è cambiata la metodologia ed espistemologia della ricerca storica, si è arricchito il panorama delle fonti e dei temi di studio. Diverso è il modo di concepire la temporalità, la periodizzazione e l'intera trama e senso della storia. L'offerta storiografica è affollata di oggetti, temi, modi di definire e concettualizzare i problemi che fino a qualche tempo fa sarebbero stati difficilmente immaginabili. Si tratta di abbandonare ogni pretesa di esaustività. In questo senso non si può pensare che la storia di Agira si debba ridurre alla versione, benchè aggiornata, di Attardi né a quella di Sinopoli qualunque sia il valore scientifico delle loro opere. Non è questo il punto. Più semplicemente e banalmente le inquietudini del nostro presente non sono quelle del loro presente. Come continuare a scrivere e amare la storia della nostra patria stando nel mondo? Scriveva nel 1946, a quasi un anno dalla fine della Seconda Guerra mondiale, lo storico francese Fernand Braudel: «la storia forse non è condannata a studiare soltando giardini ben chiusi da muri». La nostra convinzione è che occorre ripensare un nuovo campo di ricerca che rilegga e riscriva il quadro delle nostre conoscenze sulla storia di questa città, che con un ritorno in primo luogo alle fonti documentarie - archeologiche, epigrafiche, archivistiche, iconografiche, artistiche, letterarie, orali - gran parte ancora inesplorate con analisi contestuali e ravvicinate e che tenga conto e si rapporti con la storiografia recente. Che occorra soprattutto riaggiornare il questionario delle domande da porre alle fonti, domande che come sempre non possono che essere contemporanee. La storia di Agira non è stata dunque tutta scritta, essa deve proseguire e prendere nuove forme. La sua capacità di muoversi su nuovi terreni sarebbe uno straordinario segno di vitalità e ricchezza e anche di rinnovato impegno civile. Ma per fare storia bisogna produrre una nuova e condivisa sfera pubblica che non viva solo in un eterno presente o in un futuro anteriore ma che guardi anche indietro all'ieri e all'altroieri e che, nel terzo millennio, come ai tempi di Diodoro Siculo, sappia coniugare località e globalità, il mondo e la patria a partire da un passato condiviso cui ancorare la visuale dell'oggi. 

E di questo passato condiviso e della memoria collettiva di questa comunità fanno parte a pieno titolo le storie di Agira di Bonaventura Attardi e di Giovanni Pietro Sinopoli e con esse dobbiamo ancora fare i conti. Dal nostro punto di vista vanno prese sul serio e sottratte a chi, contro ogni criterio di storicità, ne vuole fare dei testi immobili e privi di vita. A nostro avviso più che tradotti e manipolati essi vanno riletti per parecchi motivi. Perchè ognuna di esse costruisce una versione, o meglio dire una narrazione del passato, che si colloca anzitutto nel registro discorsivo e scientifico di un determinato tempo e di un determinato luogo di cui è importante e originale testimonianza e memoria permettendo di ripensare molti aspetti della storiografia locale siciliana tra Sette e Novecento. Perchè alcune sezioni dei loro libri (metà Settecento per Attardi e fine Ottocento- prima metà del XX secolo per Sinopoli) laddove essi si fanno cronisti di avvenimenti a loro coevi costituiscono delle possibili fonti di natura letteraria dell'intero corpus documentario della storia di Agira. Perchè gli argomenti trattati possono ancora rivelare piste di ricerca lungi dall'essere infruttuose anzi aprire nuovi cantieri di ricerca. Perchè infine pensiamo che vi sia qualcosa da guadagnare nel porre loro una serie di nuove domande. Sono crediamo tutte buone ragioni per tornare a restituire nuovo significato a ciò che si conosce già o che si crede di conoscere.

Ciò che ha reso possibile la pubblicazione

Pietro Alberto Sinopoli, docente di storia dell'artePietro Alberto Sinopoli, docente di storia dell'arte

Come detto, pubblichiamo in questa sede in versione digitale la Storia dell'Integra città di Aggira (1742) di Bonaventura Attardi e Agyrium. Memorie storiche (192?-1933) di Giovanni Pietro Sinopoli di Giunta. Il dattiloscritto Agyrium e gran parte dell'inedito materiale documentario qui allegato (corripondenza, diplomi, titoli, testi diversi, foto ecc.), sono l'input e le occasioni documentarie all'origine di questo progetto di pubblicazione. Non molto tempo fa il loro proprietario residente in Argentina Pietro Alberto Sinopoli, docente di storia dell'arte, artista contemporaneo e già curatore e direttore del Museo Municipal de Arte Decorativo, Firmy y Odilo Estevez di Rosario, Santa Fe, pronipote del nostro, che dallo zio ha ereditato assieme a una straordinaria curiosità intellettuale una grande passione per la città di Agira, li ha con inusuale generosità concessi pensando fosse giusto ritornassero e si conservassero nella città natale del suo antenato. Speriamo di averne fatto buon uso. Ugualmente il libro dell'Attardi proviene dalla biblioteca privata del dott. Mariano La Marca e ci è stato messo a disposizione dagli attuali proprietari, la figlia Clelia La Marca Castro e da sua cognata l'insegnante Enza Giannazzi Castro.
Senza la generosità di questi illuminati possessori che hanno accolto con entusiasmo e condiviso il nostro progetto esso non sarebbe stato possibile. Li ringraziamo pubblicamente e gliene siamo grati. Un grazie va anche a Carmelo Giammona, Salvo Galletta e Angelo Rocca che hanno, come sempre, dimostrato grande apertura e interesse ai nostri lavori rendendoli accessibili nel sito www.agira.org. Anche il presente progetto e la digitalizzazione nonchè l'editing del materiale pubblicato è a cura loro.

Le pubblicazioni

Diamo qualche informazione sulle pubblicazioni.
Il libro dell'Attardi è stato riprodotto integralmente.
Il dattiloscritto di Sinopoli corrisponde a un terzo dell'originale. Esso si conservava in casa Sinopoli e ha fatto un lungo viaggio, da Agira a Rosario per ritornare di nuovo ad Agira. Siamo abbastanza certi che si tratta della prima versione di Agyrium. Infatti come accennato prima, ci troviamo di fronte a un vero e proprio work in progress. Ciò fa sì che ci siano differenti testimoni dovuti sia alla forma dattiloscritta sia agli interventi dello stesso Sinopoli. Che l'esemplare pervenutoci sia il primo lo provano le consistenti aggiunte a matita e inchiostro, le glosse a margine, le correzioni presenti nel testo. E' formato da 276 pagine. Lo possiamo datare tra gli anni venti e trenta del Novecento. Il testimone che si conserva presso la Biblioteca Comunale di Agira e che riteniamo sia l'ultima versione, composto da 370 pagine più cinque di indice, recepisce tutte le integrazioni e interpolazioni della nostra copia e data, come scrive lo stesso Sinopoli a pag. 45 del testo, al 1933 (forse 1934). Ci sono altri esemplari? Lo supponiamo ma al momento non ne abbiamo certezza. La nostra copia può essere considerata l'editio princeps ciò rende preziosa l'edizione qui offerta. A mò di guida e di raffronto fra i due esemplari sono pubblicati gli indici delle due edizioni: indice della copia scansionata e pubblicata, indice della copia conservata nella Biblioteca Comunale.

Come già detto, oltre ai due scritti verranno allegati altri documenti editi e inediti provenienti anche dalla Biblioteca Regionale Siciliana e dalla Chiesa di Santa Margherita di Agira.

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Riepilogo testi allegati visionabili:

Testo di Rita Loredana Foti e Salvatore Longo Minnolo

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